Claudia Gusmano debutta al cinema in Primadonna, ma anche la sua storia è quasi un film

Claudia Gusmano debutta al cinema in Primadonna, ma anche la sua storia è quasi un film

Claudia Gusmano debutta al cinema in Primadonna, ma anche la sua storia è quasi un film (e lo scoprirete in questa intervista)

 

C’è un proverbio giapponese che dice: “cadi sette volte, rialzati otto”. Si adatta bene alla storia di Claudia Gusmano, che è quasi una favola: quella della figlia del pescatore che voleva a tutti costi fare l’attrice.

L’ 8 marzo Claudia debutta da protagonista nel film di Marta Savina Primadonna(nella foto in una scena del film) che racconta la vicenda (in parte romanzata) della prima donna che disse no al “matrimonio riparatore” rifiutò di sposare un piccolo boss che l’aveva presa con la forza e lo portò in tribunale. «Un personaggio contemporaneo nel quale mi sono completamente immedesimata, una donna moderna, coraggiosa, e anche incosciente che subisce un’ingiustizia enorme. Il film è forse più per gli uomini che per le donne, perché noi donne conosciamo già tutto quello che la protagonista prova».

La prima volta che l’ho incontrata era appena uscita la serie comedy Netflix Guida astrologica per cuori infranti, che giocava sugli incontri romantici tra segni zodiacali, e aveva cominciato così a parlarmi di sé: «Io sono del Leone, ma quando lo dico la gente si spaventa: mi immagina come una persona aggressiva. Invece mi sono sempre sentita un cristallo, fragilissima. Finché a 14 anni ho visto per la prima volta uno spettacolo a teatro. E ho capito che recitare sarebbe stato il mio scudo».

Partiamo da quella ragazzina.

«Sono nata a Marsala, in provincia di Trapani, la mia è una famiglia di marinai da generazioni. Mio padre ha passato la sua vita in mare sul nostro peschereccio che si chiama Brigliadoro».

Come il cavallo di Orlando, paladino di Francia.

«Perché mio nonno era un appassionato di Opera dei pupi, e mi ha raccontato quella storia centinaia di volte. Forse è proprio con lui che è cominciato tutto».

Poi quel giorno a teatro, che cosa è cambiato?

«Vidi un Cyrano de Bergerac, e le gambe cominciarono a tremarmi. Sentivo che dentro di me si apriva uno spazio che mi rendeva libera e nello stesso tempo capace di contenere l’assoluto. Tornai a casa e dissi a mia mamma: voglio fare l’attrice».

E lei?

«Figuriamoci. Guardò mio padre: poi le passa».

E invece no.

«Finite le superiori piantai una grana per andare all’Accademia d’arte drammatica, con i miei era una discussione infinita. Mio padre diceva: anche se è una cosa che ami, non è detto tu ne abbia le capacità. Un giorno guardavamo in tv Amici di Maria De Filippi, erano ancora i tempi in cui venivano ammessi gli attori, e lo sfidai. Facemmo un patto: avrei fatto un tentativo lì, alle selezioni partecipavano migliaia di ragazzi, ne sceglievano solo tre. Se avessi superato i primi provini, lui mi avrebbe concesso l’Accademia. Altrimenti mi sarei iscritta all’università. Il giorno dopo mi fece trovare il biglietto per Roma sotto al cuscino».

E come andò?

«Incredibilmente passai tutte le selezioni, ed entrai. Ma dopo un paio di mesi finii in sfida con un’altra attrice e fui eliminata».

La prima caduta.

«Devastante. Ero terrorizzata dalla visibilità che mi aveva dato il programma, e ne uscivo da perdente. Ricordo un giorno in cui per strada dei ragazzini si divertirono a gridarmi dietro il nome del giudice che mi aveva cacciata. Dovetti tornare in Sicilia, ma riuscii a ripartire per frequentare il corso di recitazione che mi era stato promesso. Finito quello però, mi sentivo sconfitta. Ripresi il treno per Marsala determinata a mollare, in tasca mi era rimasto il biglietto di una regista che mi invitava a un suo seminario. Fu mia madre a trovarlo e a dirmi: vai».

Di nuovo in piedi.

«La regista era Roberta Giordano, e poi mi chiamò a lavorare in un suo spettacolo. Ricordo che ero in macchina con un amico, e arrivò la telefonata. Spalancai il finestrino e cominciai a gridare: è fatta».

Finalmente eri in teatro.

«Ma avevo vent’anni, e dopo un po’, come accade con tutti i grandi amori, entrai in crisi. Ero sempre in tournee, non ne potevo più di viaggiare e volevo mollare di nuovo. Mi ha salvata Marta Savina, chiamandomi a interpretare il suo cortometraggio su Franca Viola, la prima italiana a rifiutare il matrimonio “riparatore”, che mi ha portata al Tribeca di New York». 

E ha cominciato una seconda carriera.

«Volevo fare il cinema, sono stata ferma più di un anno, poi è arrivata qualche posa in tv, La mafia uccide solo d’estate, L’allieva con Alessandra Mastronardi».

Un po’ come cadere e rialzarsi ancora una volta.

«Non avrei continuato se non avessi avuto qualche segnale. Al provino per Guida astrologica, ho percepito subito che il ruolo era mio, qualche mese prima avevo persino sognato di fare una serie Netflix, subito dopo è arrivato Primadonna».

Il mare intanto rientrava nella sua vita.

«Era il mio primo amore. Da piccolissima ero convinta che avrei fatto anche io il marinaio, ma mio padre non mi aveva mai voluta in barca, perché la tradizione non ammette donne in mare. Poi un giorno finalmente mi ha portato con sé, ed è stato il più bello della mia vita. Ci siamo compresi profondamente, l’uno orgoglioso dell’altra. Però io ormai sapevo che il mio posto era altrove, così ho scritto un monologo per portare il mare in teatro».

Mozza, storia di una ragazza che può vivere solo in mare, ma sa che non sarà mai “intera” fino a che non toccherà terra, ha anche vinto dei premi.

«Non avevo i soldi per metterlo in scena, e pensavo sarebbe rimasto nel cassetto. Poi ho ricevuto dei contributi arretrati, esattamente la cifra che mi serviva. Insomma: un altro segnale del destino».

Questa intervista è uscita in parte su Grazia nel 2021

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