Spaceman su Netflix: quando la fantascienza diventa poesia

Spaceman su Netflix: quando la fantascienza diventa poesia

Spaceman (su Netflix):

quando la fantascienza diventa poesia

 

Ha da poco debuttato su Netflix il film Spaceman, che vede protagonista Adam Sandler in un raro ruolo drammatico, affiancato da Carey Mulligan e Isabella Rossellini.

Un’opera fantascientifica sorprendente e poetica, davvero bella (e sapete che non sono molto generosa in fatto di complimenti) che vi consiglio assolutamente di vedere.

 

Che cosa racconta: Il cosmonauta Jakub (Sandler) è in viaggio da sei mesi verso Giove per studiare un misterioso agglomerato di particelle che ha l’aspetto di una nuvola violetta, visibile persino dalla Terra.

È solo, sulla sua navicella, con l’unica compagnia dei collegamenti audiovideo con la base Terra e con la moglie Lenka (Mulligan) che aspetta un figlio, ma con la quale è in crisi da prima di partire. Depresso e insonne, mentre sulla Terra la moglie medita di lasciarlo, Jakub passa il suo tempo impegnato nella gestione tecnica della nave e nell’attività sportiva di cui ha bisogno per restare in forma.

Finché un giorno, improvvisamente, si rende conto di avere a bordo una creatura aliena. La creatura ha l’aspetto mostruoso di un gigantesco ragno, ma si rivolge a lui con pacatezza e una calda voce suadente (in originale è quella di Paul Dano), assicurandogli che non gli farà del male. L’umano e l’alieno proseguono dunque insieme il viaggio.

 

Perché guardarlo: Il film è ispirato al romanzo dello scrittore ceco Jaroslav Kalfar, appena ripubblicato in Italia da Guanda (il titolo originale è Spaceman of Bohemia) e il pensiero non può non soffermarsi su La metamorfosi di Franz Kafka, col quale condivide una riflessione sulla solitudine.

La riflessione che il film ci propone è in realtà più concentrata sull’ “altro”, sul diverso da sé. L’alieno mostruoso rappresenta ciò che noi, senza sapere, consideriamo “nemico”, in quanto sconosciuto e diverso. Se accettiamo invece di “abbracciarlo” – una delle scene più emozionanti del film è l’abbraccio fisico che a un certo punto unisce l’uomo e l’alieno, e che quest’ultimo accetta nonostante abbia in precedenza specificato che la sua specie non ama essere toccata – possiamo sconfiggere la nostra solitudine, e acquisire consapevolezza contattando il nostro sé più autentico e profondo. E possiamo così penetrare nel “tutto” (la nuvola di particelle) dove la fine e l’inizio si toccano e capire che tutte le creature viventi, di tutte le specie e di tutti i mondi, sono uguali e parte dell’universo.

Il finale, molto più lieto di quello del romanzo, apre a una speranza.

A sostenere questo discorso filosofico contribuiscono l’ottima regia di Johan Renck, densa di silenzi e suggestivi effetti speciali, e una bellissima colonna sonora originale firmata da Max Richter (già autore di quella de L’amica geniale).

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